FOOD


LE UOVA DI CIOCCOLATO


L'uovo: in tutte le culture è sinonimo  della nascita e nella cultura cristiana è uno dei simboli della Pasqua.

Le uova, forse per la loro forma e sostanza particolare, hanno sempre rappresentato il simbolo della vita, un misto fra mistero e sacralità. Simbolo di vita per gli Egizi, di fecondità per i Greci.

L'usanza di sc ambiarsi uova ha origini antichissime: 5000 anni fa i Persiani si scambiavano uova  fresche per celebrare l'inizio della primavera; nel Medi oEvo si regalavano uova ai servitori.

Questa usanza divenne ben presto un simbolo nella religione cristiana:  il pulcino che esce dal guscio come  Gesù che  esce dal sepolcro.

L'usanza di decorare le uova da consumare poi il giorno di Pasqua si deve al fatto che, per osservare il digiuno quaresimale, le uova prodotte dalle galline in questo periodo venivano lessate, per poterle conservare ed appunto decorate.


In Germania queste uova venivano regalate ai bambini insieme ad altri doni. Ancora oggi i bambini anglosassoni cercano nell'erba dei giardini le uova colorate nascoste da un dispettoso coniglietto.

L'usanza di regalarsi le uova durante il periodo pasquale diventò una piacevole abitudine.

Dopo quelle di gallina, destinate alla stragrande maggioranza della popolazione, nella corte dei Romanoff si diffuse l'usanza di scambiarsi delle uova gioiello ideate dall'orafo di corte, Peter Carl Fabergè: il primo uovo Fabergè è del 1885 ed era un regalo dell'Imperatore Alessandro III per la moglie Maria.


L'imperatrice Maria Romanoff



  






Il cioccolato comparve, come copertura delle uova di gallina, nel regno di Luigi XIV ma per arrivare alle uova di cioccolato come le. conosciamo noi dobbiamo attendere più di un secolo.


Regalare un uovo di cioccolato ad un bambino segue tutto un rituale quasi magico: il trasporto e la consegna dell'uovo da maneggiare con cura per evitare di romperlo, l'attesa fino al giorno di PAsqua, quando a fine pranzo si può finalmente scartarlo e romperlo con un gran pugno per scoprire la sorpresa contenuta e, non ultimo, poter gustare il cioccolato.

Una domanda sorge spontanea: come mai le uova di cioccolato costano così tanto, rispetto allo stesso peso e tipologia di cacao  di una tavoletta ?

Molti sono i motivi: per realizzare un uovo di cioccolato sono necessari degli stampi ovali montati su un particolare macchinario con lunghe braccia che girano a 360° distribuendo il cioccolato fuso in modo uniforme ottenendo la tipica forma ad uovo. Tutto  questo macchinario è più costoso rispetto agli stampi rettangolari per le tavolette. C'è poi la stagionalità del prodotto che limita la vendita al solo periodo pasquale. Il confezionamento avviene a mano: sia la carta stagnola aderente al cioccolato che le coloratissime carte esterne, con tanto di fiocco. L'estrema fragilità del prodotto, soprattutto per quanto riguarda il trasporto_ molte uova arrivano rotte a destinazione e questo è calcolato nel costo del prodotto finale e, non ultimo, il regalo interno: in alcuni casi il regalo costa più del cioccolato stesso.

Ultimamente sia la GDO che gli artigiani presentano ad ogni Pasqua uva destinate a stupire:  nella la prima punta soprattutto sulla confezione e nel regalo contenuto all'interno, gli artigiani propongono anno dopo anno abbinamenti sempre nuovi e decorazioni esterne ( edibili) che sono delle vere e proprie opere d'arte .


L'uovo proposto da DolciArte di Carmen Vecchione
(Foto dal sito)





La proposta di Passion Cocoa 
( Foto tratta dal sito)





L'uovo   di Guy Odin


L'uovo di Manufatto Cacao





L'uovo di Luca Mannoni



Le uova pasquali secondo Giovannini








Pur essendo un meraviglioso alimento, il cioccolato non è un genere di prima necessità, quindi quando decidiamo di gustarlo, spendiamo un pochino di più ma acquistiamo un prodotto di qualità ed artigianle per non rimanere...con l'amaro in bocca!




































LA PASTIERA



La pastiera è il dolce tipico della Pasqua napoletana, ma a differenza degli altri dolci è riuscita a sdoganare il periodo festivo di riferimento ed è, per nostra fortuna, possibile gustarla durante tutto l'anno.

Come ogni dolce che si rispetti, anche l'origine della pastiera è avvolta da più di una leggenda.

Troviamo un'antenata della pastiera nel dolce preparato dalle sacerdotesse di Cerere per celebrare il ritorno della Primavera a base di grano e ricotta.


(Foto wikipedia)




Molti concordano con le origini pagane della pastiera. Gli abitanti del golfo di Napoli per ringraziare la sirena Partenope d'aver scelto quella zona come sua dimora e grati per il canto melodioso che regalava agli abitanti , decisero di offrire alla sirena dei doni. Incaricarono sette giovani donne di portare dei significativi doni del territorio: farina, ricotta, uova, grano tenero, acqua di fiori d'arancio, spezie e zucchero. Partenope mescolò tutti questi prodotti creando un nuovo dolce, la pastiera.


(Foto www.napoliinpillole.it)



Un'altra leggenda è legata alle moglie dei pescatori napoletani. Le donne, offrirono al Mare dei doni per far tornare a casa sani e salvi i loro mariti. Appoggiarono sulla riva delle ceste con quello che avevano: ricotta, frutta candita, grano, uova e fiori d'arancio. Durante la notte le onde mischiarono tutti questi questi ingredienti ed il giorno seguente le mogli dei pescatori trovarono nelle ceste un dolce già pronto, oltre ai mariti all'orizzonte.

In entrambi i casi, è molto evidente il legame della ricetta di questa torta con gli antichi riti pagani per la celebrazione della primavera, con una precisa simbologia: il frumento simboleggiava ricchezza e fecondità; le uova l'origine della vita; la ricotta l'abbondanza; i fiori d'arancio il profumo della terra campana; lo zucchero la dolcezza.

Esiste un'altra spiegazione riguardo la scelta dei doni offerti dalle sette fanciulle: la farina come ricchezza che proviene dalla campagna, la ricotta offerta dai pastori, le uova come simbolo di fertilità e di rinascita della vita, il grano cotto nel latte simbolo della fusione tra i regni animale e vegetale della natura, i fiori d'arancio rappresentavano il profumo della terra partenopea, spezie e frutti canditi rappresentavano lo spirito d'accoglienza a tutte le culture e a tutti i popoli della città di Neapolis ed infine lo zucchero semolato come simbolo di dolcezza.


(Foto www.blog.giallozafferano.it)


La ricetta così come la conosciamo oggi ha origine nel XVI secolo per opera di una suora benedettina del convento di San Gregorio Armeno, al strada nel cuore di Napoli che sarebbe diventata famosa per le botteghe degli artigiani dei presepi. Curioso che il convento si trovi sul terreno dove sorgeva il tempio di Cerere.

Ingresso convento San Greogorio Armeno
(foto www.suorecrocifisseadoratrici.org)


La religiosa volle realizzare un dolce con gli ingredienti con un forte significato simbolico cristiano, soprattutto le uova, che rappresentano la nascita a vita eterna dell'uomo attraverso la morte e resurrezione del Figlio di Dio.


Esiste un aneddoto storico  riguardante la pastiera : Maria Teresa d'Asburgo,  moglie del re Federico II di Borbone, era soprannominata  " la regina che non sorride mai".  Il consorte, noto per essere molto goloso, invitò la moglie ad assaggiare una fetta di pastiera. Si racconta che dopo solo il primo assaggio, la regina rimase particolarmente colpita dalla morbidezza e dal gusto del dolce e sul suo viso , sempre triste, comparve un gran sorriso.  Re Ferdinando assai sorpreso esclamò a gran voce:" Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo!". Da questo episodio nasce la  frase partenopea " magnatella 'na risata" un invito a sorridere rivolto a chi è sempre scuro in viso.

Maria Teresa 

La tradizione vuole che si inizi a preparare la pastiera il giovedì santo per poi mangiarla a Pasqua. Pur rispettando la ricetta classica, ogni famiglia segue la propria ricetta con sfumature diverse per quanto riguarda gli ingredienti o  le loro dosi, una su tutte la sostituzione del grano. con il riso ma, in tutte le varianti troviamo la stessa caratteristica decorativa: sette strisce incrociate sulla superficie, quattro in un senso e tre in un altro. Casualità o hanno un preciso significato? Sette come le principali vie che rappresentavano la planimetria dell'antica Neapolis con i suoi decumani e i suoi cardini, ma anche sette come le fanciulle inviate a cercare doni per la sirena Partenope.





Come giusto che sia, la pastiera è stata riconosciuta a livello ufficiale come PAT e cioè Prodotto Agroalimentare Tradizionale campano.

Molte sono le pasticcerie in tutta Napoli che confezionano questo delizioso dolce, ma nel cuore della città la più famosa è quella preparata dalla pasticceria Scaturchio . 


(www.scaturchio.it)



In tutt'Italia possiamo trovarla realizzata da artigiani che non sono partenopei, con ottimi risultati, come ha dimostrato  la Pasticceria Clivati di Milano  durante la prima edizione della manifestazione  ideata da Stanislao Porzio " Regina Colomba, Regina Pastiera" che si è qualificata al terzo posto davanti a due artigiani campani.

(Foto pagina Facebook Re Panettone)

In qualsiasi città vi troviate ( ora anche con la possibilità dell'e-commerce) potrete quindi gustare questo goloso dolce, sicuramente più impegnativo a livello calorico rispetto alla soffice colomba,  ma che vi trasporterà come d'incanto nel Golfo di Napoli...e magari potrete sentire anche il canto di Partenope...



(Foto www.area-c.it)















 

LA MICHETTA, IL PANE DI MILANO

La michetta, come la conosciamo noi, è nata durante la dominazione austriaca di Milano.


KEISERSEMMEL antenato della michetta
(Foto Wikipedia) 





Esisteva un pane similare, la micca, ancor oggi diffusa soprattutto nel Pavese: era una pagnotta abbastanza grande e "mollicosa" , ma gli invasori richiesero una pezzatura più piccola e simile al tipo di pane lasciato in Patria, con una ridotta percentuale di mollica. 


MICCONE PAVESE 
(Foto  L'Italia del pane - Slow Food Editore)






Questa piccola micca o michetta, appunto, continuò la sua evoluzione fino alla metà del Novecento quando completò la sua trasformazione diventando sempre più vuota , leggera e croccante. Per tutto il secolo scorso è stato 








" il pane di Milano" , il pane dei magutt  ( i muratori ) e degli operai anche per il basso costo.



(Foto pagina Facebook NATO A MILANO)





La forma ricorda un fiore sbocciato ( infatti nel resto d'Italia è chiamata " rosetta" ) grazie ai cinque lobi laterali ed al " bottone" centrale.

E' un pane comune, soffiato,  peso varia dai 50 ai 90 grammi ed è spesso indicata nelle diete dimagranti per la sua leggerezza ed anche perché è un pane poco condito.

Vuoi per la diminuizione del consumo del pane per motivi dietetici, vuoi per l'invasione di pani molto elaborati ed anche non di origini nazionali, questo tradizionale pane rischiava l'estinzione anche perché le imitazioni o le trasformazioni, vedi le " tartarughe" ...erano lontane anni luce dalla piccola e croccante michetta.

Un " prestinè milanese su quattro le produce ancora e di questi la metà non si trovano a Milano, ma in provincia!

La michetta è un pane " difficile" perché va consumato entro massimo tre ore dall'uscita dal forno perché altrimenti diventa molto gommoso ,  " tarlacco" come si dice a Milano; ma nessun problema: una volta secco è ottimo per essere grattugiato.

Finalmente , a salvare il pane di Milano, è arrivata nel 2007 la De.Co, cioè la Denominazione Comunale con la quale si tramanda la ricetta proteggendo così il prodotto stesso.



(Foto L'Italia del pane  Slow food Editore)








La michetta  è friabile, il colore  varia tra le sfumature del marrone chiaro all'ambrato. La sua superficie è liscia.  L'interno è  cavo e privo di mollica. Il profumo è molto delicato , di lievito mentre il primo sapore è quello salino fino ad arrivare a delle note  appena accennate di nocciola . Croccante mai dura. 

Per meglio apprezzarla occorre gustarla appena sformata, ancora tiepida.
Il vuoto interno è adatto ad essere ben riempito. L''ideale è con la mortadella, ma anche con altri salumi o con una abbondante fetta di gorgonzola.






























LA COLOMBA

Le festività religiose hanno da  sempre cadenzato i periodi dell'anno e per renderle più importanti erano affiancate da un dolce tipico, come per enfatizzare la sacralità del momento, dato che "normalmente" non comparivano sulle tavole.




Colombe pronte ad entrare in forno

Oggi possiamo toglierci la voglia di qualcosa di dolce ogni volta che vogliamo, ma la  tradizione di gustare un dolce durante le festività è rimasto inalterato, anche se il motivo ( la festività religiosa) si è annacquato  o perso.

Pasqua non è da meno ed anche se il primo pensiero corre alle uova di cioccolato, è la colomba ad avere una storia ben più antica. 
Come per il panettone ci sono due leggende che  danno origine a questo dolce entrambe in terra lombarda.
La prima  risale al IV secolo d.C.
Dopo tre anni d'assedio il re barbaro Alboino entrò nella città di Pavia proprio la vigilia di Pasqua del 572. Fra i vari doni che la popolazione offrì in segno di sottomissione, un fornaio presentò dei pani a forma di colomba in segno di pace. Il re trovò quel pane così soffice e dolce che decise di risparmiare tutta la popolazione.








La seconda si svolge nel 610,  nella corte del re longobardo  Agigulfo e di sua moglie Teodolinda. I sovrani invitarono a corte Colombano, vescovo irlandese per conoscerlo meglio. Offrirono delle colombe ( molto probabilmente dei piccioni) arrostiti. Colombano   cortesemente rifiutò per rispettare l'obbligo quaresimale di non consumare carne anzi, il vescovo ridiede loro la vita. Alla vista del miracolo  il re e sua moglie si convertirono alla religione cattolica.









San Colombano



Che si voglia credere ad una leggenda o all'altra, la colomba è da sempre un simbolo che richiama la pace, la salvezza a partire da Noè fino alla rappresentazione dello Spirito Santo. quindi non poteva che essere una colomba il simbolo della Pasqua di Resurrezione, traslato anche nei dolci.






La colomba è un dolce a  pasta lievitata ( della stessa "famiglia" del panettone) molto soffice, ricca di burro e canditi.





Colombe in cottura - Pasticceria Merlo

La diffusione e la trasformazione della colomba, come la conosciamo oggi,  è merito di Angelo Motta che, oltre ad aver rivoluzionato il panettone, modificò anche la ricetta fino a quel momento utilizzata rendendo ancor più soffice l'impasto ed aggiungendo una golosa glassa di zucchero , amaretti e mandorle.




La caratteristica glasse della colomba tradizionale


E proprio come fece per il panettone, decise di pubblicizzare questo dolce commissionando al celebre artista Cassandre un cartellone pubblicitario. Oltre alla bellezza del disegno fu lo slogan c he colpì immediatamente: "Il dolce che sa di primavera!" Non a caso sia la colomba sia l'uovo sono sinonimi della rinascita e quindi della primavera.







Come per i panettoni ormai assistiamo ogni anno alle molteplici varianti di questo dolce, dimenticando che la semplicità e la qualità dei prodotti fanno sempre la differenza. Mi permetto di consigliarvi l'acquisto della colomba da un pasticcere artigianale per rendere questo momento di festa ancor più indimenticabile.

Ecco qualche nome: Maurizio Bonanomi della Pasticceria Merlo a Pioltello,  a 10 minuti da Milano. Fra i vari tipi la mia preferita è quella ai frutti di bosco...profumata e gustosa; poi c'è quella albicocca e lavanda, fresca e delicata, con albicocca semicandita e fiori di lavanda bio, quella al limoncello, la "pangiuso" cioè co l'impasto realizzato con un mix di cereali e con frutta candita e semicandita ( con il quale Maurizio ha vinto il concorso indetto dalla nota ditta di canditi Giuso lo scorso anno) e, non ultima...la tradizionale che è una favola.




Maurizio Bonanomi e la sua colomba



La Pasticceria Tabiano di Claudio Gatti, già famosa per la sua "focaccia" quest'anno presenta una colomba dove olio, burro, farina, uova, miele, zucchero di canna bianco e canditi sono bio ed il sale è quello prezioso di Salsomaggiore. (www.pasticceriataiano.it)




Claudio Gatti

e la  sua colomba












































 A Viareggio c'è Stefano Gatti che propone oltre alla tradizionale con arancio semicandito, quella al cioccolato fondente al 54%, quella cioccolato e cannella. (www.ilfornaioviareggio.it)


Stefano Gatti


A Roma da Attilio Servi troverete oltre alla tradizionale, la colomba con mandarini tardivi Ciaculli
( presidio Slow Food) e cioccolato fondente 62% Venezuela. Sempre nella tradizione la mitica pastiera napoletana e la pizza al formaggio. (www.attilioservi.com )



Attilio Servi


In Campania vi segnalo Vincenzo Pepe  a Sant'Egidio del Monte Albino (SA) con la sua colomba al limoncello (www.pasticceria-pepe.it)

Vincenzo Pepe

Colomba al limoncello


e Carmen Vecchione della Pasticceria Dolciarte con la colomba al limone, deliziosa, e la novità cioccolato e cannella. ( www.dolciarte.it)

Carmen Vecchione



In Basilicata e precisamente ad Acerenza Vincenzo Tiri vi aspetta oltre con la tradizionale, buonissima, con molte accattivanti novità.
Vincenzo Tiri


Insomma...in qualsiasi posto vi troviate...avete solo l'imbarazzo della scelta : ora grazie all'e-commerce  è possibile gustare i prodotti degli artigiani di tutt'Italia .Ricordate  che è meglio scegliere un artigiano che non potrà, ovviamente, competere con i prezzi dell'industria, ma credetemi...è meglio mangiare un colomba, anche piccola, ma da ricordare fino alla prossima Pasqua!













GLI ASPARAGI








L’asparago è una pianta originaria della Mesopotamia: nell’antica lingua persiana “spera” significava germoglio, infatti, è questa la parte che principalmente è consumata.    La coltivazione in Italia risale a più di mille anni fa.



La maggior parte di questi vegetali è di colore verde, più o meno intenso e li possiamo classificare in coltivati, generalmente con un diametro importante e selvatici o aspargina, con un diametro molto ridotto, ma non per questo non saporiti. 







Da ricordare quello di Altedo in provincia di Bologna e quello amaro di Montine che nasce nella laguna a nord di Venezia. L’asparago verde è morbido, dolce e con sentori erbacei.




Nonostante sia il verde il colore predominante nella meravigliosa biodiversità dei prodotti italiani troviamo anche asparagi bianchi, rosa e violetti. Spesso quelli bianchi appartengono alle stesse varietà dei verdi: il cambiamento di colore è ottenuto attraverso una fase di “ sbiancamento” del turione che è fatto crescere coperto da teli in modo da impedire alla luce di attivare la fotosintesi clorofilliana e così colorarli di verde. Anche la raccolta è eseguita in modo diverso sia per il momento della giornata (all’alba per evitare la luce del sole) sia attraverso l’uso della “ sgrobia” uno strumento particolare che si fa penetrare nel terreno e che taglia solo l’asparago senza rovinare i germogli vicini. 









 Fra gli asparagi bianchi i più noti sono quelli Bassano DOP, di Cimaldomo, di Padova e di Rivoli Veronese. Il loro sapore è delicato, decisamente dolce mentre in alcune varietà troviamo un caratteristico mix di dolce e amaro.



Bianchi di Bassano 




Sono rosa quelli di Mezzago. La produzione di questi particolari asparagi (riscoperta e riavviata solo da un paio di decenni) avviene esclusivamente in questa cittadina della Brianza, in Lombardia. Il colore delle punte dei turioni dipende dalla limitata esposizione al sole. Il loro sapore è più intenso rispetto ai bianchi e ai verdi.







Fra gli asparagi viola ci sono quelli di Albenga, diventati famosi perché presentati a un pranzo alla regina Elisabetta d’Inghilterra e quelli biologici di Cantello in provincia di Varese. Il sapore di questi asparagi è molto delicato tanto che posso essere gustati anche crudi e con una leggerissima punta amarognola finale.








Oltre ad essere una gioia per il palato, questi vegetali sono una vera e propria fonte di salute. Sono ricchi di fibre, vitamine (A – B6 - C- E) sali minerali fra i quali il cromo e potassio e pochissimo sodio.

Una verdura che non ha nessun difetto, allora…beh…uno c’è: dopo aver consumato gli asparagi la nostra pipì ha un particolarissimo e forte odore dovuto alla presenza dell’asparagina o acido aspartico. Se sentiamo questo forte odore significa che i nostri reni funzionano bene, contrariamente…è utile andare dallo specialista.

Il classico abbinamento asparagi e uova è un piatto indicato per chi soffre d’anemia grazie alla sinergia fra l’acido folico della verdura unito alla vitamina B12 dell’uovo, come pure consumarli crudi in insalata conditi con succo di limone è il modo migliore per assimilare il ferro contenuto negli asparagi.


















Grazie a tutti questi elementi gli asparagi sono diuretici e depurativi, potenti antinfiammatori naturali.






Il basso contenuto calorico (25 ogni 100 grammi), la presenza di fibre e il forte potere diuretico fanno degli asparagi la verdura ideale per chi deve dimagrire anche perché danno un immediato senso di sazietà…fattore da non sottovalutare!






Per non perdere tutte queste sostanze preziose è utile cuocere poco (come tutte le verdure, del resto) gli asparagi: è utile l’uso dell’apposita pentola, stretta e alta dove i turioni, sistemati nel cestello interno, non sono a diretto contatto con l’acqua, se non nella parte inferiore più dura e non edibile, mentre le delicate punte cuoceranno solo con i vapori caldi dell’acqua. In mancanza di questa pentola basta legarli e cuocerli in piedi e coperti.









In cucina l’uso degli asparagi spazia dagli antipasti ai contorni: vi segnalo tre ricette molto particolari tratte da MANGIARE BENE

Mentre appena posso consumo gli asparagi con il risotto o in insalata, una volta sola l’anno mi concedo un piatto tipicamente milanese cioè asparagi con uovo in “cerechino”:condisco gli asparagi cotti a vapore con abbondante grana padano e il burro, dose molto generosa, utilizzato friggere le uova. Un piatto per nulla salutare…
ma così buono!




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LA LAVANDA



E’ uno dei fiori più belli in natura sia per il colore sia per il profumo.
Se pensiamo alla lavanda, il primo pensiero è quello delle immense distese francesi, ma io che…mal sopporto tutto ciò che viene da quella regione, voglio far conoscere la NOSTRA lavanda, forse non così famosa come quella transalpina, ma non per questo meno bella e profumata.
La lavanda è una pianta erbacea, perenne, sempreverde, originaria del bacino del Mediterraneo. Ha foglie argentee molto profumate, strette ed allungate; in estate produce moltissimi piccoli fiori raggruppati in spighe.






Le specie coltivate in Italia sono la Lavanda vera (Lavandula officinalis) e il Lavandino, un ibrido tra la Lavandula officinalis e la Lavandula latifolia: si trovano tra la bassa Mantovana e l’Emilia Romagna, in Toscana, Umbria, Liguria, Piemonte ed in Sardegna.
 
Pur essendo una pianta mediterranea resiste bene al freddo perché è una pianta rustica: spesso è utilizzata come siepi o per formare larghi cespugli nei giardini, ma si può coltivare in vasi con ottimi risultati come la mia sul terrazzo di casa.

















La "mia" lavanda







I Romani erano soliti profumare l'acqua del bagno con questi fiori ed è, infatti, dal latino “lavare” che deriva il suo nome.








Oltre ad essere amata per le sue proprietà rinfrescanti e profumanti era una delle erbe curative più utilizzate dell’epoca, uso proseguito nel Medioevo per risolvere crampi intestinali, nausea vomito e singhiozzo oltre che per lenire le scottature e infiammazioni.





La lavanda ha molte proprietà: è l’anti zanzare naturale più potente che ci sia perché questi insetti non sopportano il profumo delle spighe , ragione in più per abbellire il nostro terrazzo!





Sempre parlando d’insetti la lavanda è un’antitarme eccezionale oltre a lasciare un piacevolissimo profumo ai nostri abiti.
 L'OLIO ESSENZIALE di lavanda è considerato tra i più versatili e utili in casi d’emergenza e non dovrebbe mai mancare nell’armadietto dei farmaci. Infatti, l’essenza della lavanda è consigliata come sedativa e riequilibrante del sistema nervoso centrale e vegetativo.






Nella psicologia dei colori questa tonalità di viola è considerato il colore del silenzio, della calma e della tranquillità. È il colore della contemplazione e della spiritualità: bastano solo poche gocce sul cuscino per rilassare e concedere un sonno ristoratore o nel fazzoletto da mettere in tasca o nella borsetta per avere una giornata serena.





Un "pasticcino" profumato facile da realizzare

E’ digestiva ed ha un’azione antispastica e antiflatulenta sul condotto digestivo, e inoltre ha un effetto aperitivo, facilitando la digestione.
E’antireumatica e antinfiammatoria: è quindi molto efficace per calmare i dolori reumatici, sia d’origine articolare sia muscolare, come i dolori artrosici del collo o della schiena o il torcicollo.





E’antisettica e cicatrizzante: l’infuso di lavanda si utilizza per lavare ulcere e ferite infette, poiché le aiuta a rimarginarsi rapidamente, inoltre l’olio di lavanda allevia il dolore nelle bruciature e disinfiamma le irritazioni dovute a punture d’insetti e ragni.




E’ grazie al chimico francese, Renè Maurice Gattefossé, padre dell’"aromaterapia " nel 1928, che dobbiamo la rinascita dell'interesse dell’uso degli olii essenziali a scopo terapeutico. Come spesso avviene fu un incidente a far scoprire le proprietà dell’olio essenziale di lavanda. Mentre lo stava utilizzando per miscelare vari profumi si bruciò una mano e come reazione immediata la immerse nel primo liquido vicino a lui. Scoprì che le ustioni guarirono con maggior rapidità e quindi iniziò uno studio approfondito non solo sulla lavanda, ma anche su altri olii essenziali.





















Gattefosse



















La lavanda, nel linguaggio dei fiori, ha due significati differenti ed in contrapposizione tra loro. Quello positivo significa il tuo ricordo è la mia unica felicità’. La spiga della lavanda, infatti, è considerata un amuleto contro le disgrazie. Il secondo, maggiormente diffuso è quello di ‘diffidenza’ poiché, pur essendo considerata un antidodo contro le vipere, si credeva che i rettili facessero i loro nidi fra le spighe profumate e che quindi  bisognasse sempre avvicinarsi con prudenza.






E’durante il regno di Elisabetta I che la lavanda entra a pieno titolo nel campo della profumeria: uno dei più noti profumi inglesi è il famoso “The Lavender”.








I produttori di sali da bagno, talchi, shampoo, creme per il corpo, lozioni struccanti, profumatori per ambienti e armadi fanno largo uso di questi piccoli e profumatissimi fiori viola.







L’uso che più m’interessa, devo ammetterlo, è quello in cucina e come tutti i fiori, ma maggiormente in questo caso, deve essere usato in piccole dosi per poterne apprezzare al meglio il profumo e l’aroma.



Il primo prodotto è il MIELE : l’intenso profumo della lavanda, infatti, attira le api producendo un ottimo miele aromatico, prodotto tanto raro quanto pregiato.Il miele di lavanda è veramente diverso dagli altri e difficilmente è dimenticato dopo averlo assaggiato, anche se ad un primissimo assaggio può dare la sensazione di “ saponoso”.








Quello provenzale è molto aromatico, intenso e fragrante. Può tranquillamente ricordare altri frutti come il fico o il frutto della passione. Quello prodotto in Italia, invece, specie quello di lavanda selvatica non sprigiona un particolare profumo, tende a essere meno intenso ma ha note sia di gusto sia di profumo più fini.







Nonostante la produzione sia limitata il miele di lavanda selvatica di Sardegna è entrato a far parte dell’Arca del Gusto di Slow Food, organizzazione che segnala l'esistenzadi questi prodotti, denuncia il rischio che possano scomparire ed invita tutti a fare qualcosa per salvaguardarli. E’ molto apprezzato al naturale oppure abbinato a formaggi di gran struttura, sulla frutta cotta o nelle tisane.





Da provare lo sciroppo di lavanda da usare come complemento per macedonie, frutta fresca o cotta, creme al cucchiaio (panna cotta) semplicissimo da preparare: Occorrono1 kg di zucchero, ½ litro di acqua, 20 g di fiori di lavanda ad uso alimentare o biologico. 
Si fa bollire l’acqua e lo zucchero per almeno mezz’ora dopo di che si aggiunge la lavanda e si fa bollire per dieci minuti. Lasciare la lavanda in infusione per ancora dieci minuti quindi filtrare accuratamente ed imbottigliare e conservarlo in frigorifero.
Sciroppo preparato dal Renato per "Torte in corso" su Real Time


Un ottimo condimento per i secondi piatti a base di carne alla griglia è un’emulsione di OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA CON FIORI DI LAVANDA lasciati a macerare almeno per una notte in un contenitore chiuso ermeticamente. Mentre per un uso più frequente prendete 50 gr di fiori freschi in 500 gr di olio di oliva in una bottiglia chiusa ed esposta al sole, si ottenere l’olio di lavanda. Assicuratevi che i fiori siano perfettamente asciutti per evitare che ammuffiscano.









Da provare YOGURT CON FIORI DI LAVANDA meglio se cremoso oltre ad essere un goloso dessert è un rimedio anti gonfiore poiché i fiori riescono a ridurre i batteri che si trovano nello stomaco che sono la causa della cattiva digestione.



Yogurt greco e fiori di lavanda

Perl’infuso occorrono 40 gr di fiori freschi e 500 gr di acquavite, da filtrare dopo una settimana e da lasciare a riposo prima dell’utilizzo. Ottimo dopo pasto.



La sperimentazione verso nuovi abbinamenti ha portato alcuni artigiani a realizzare prodotti fino a poco tempo fa inimmaginabili: è il caso del PANDOLCE ALLA LAVANDA di Maurizo Bonanomi della Pasticceria Merlo di Pioltello, un artigiano sempre attento alle novità senza tralasciare la tradizione. Questo dolce è una pasta lievitata, sofficissima che si scioglie in bocca e che rilascia, oltre ad un meraviglioso e per niente pesante sapore di burro e a delle gustose albicocche semicandite e un inebriante profumo di lavanda.



Pandolce alla lavanda

Questa novità è nata dalla collaborazione di Maurizio con Emanuele, patron dell’Azienda Agricola Stoffi che si trova a San Giacomo delle Segnate, in provincia di Mantova, nella Bassa Padana. (www.agricolastoffi.net)




Il 16 giugno si è svolta la 7^ EDIZIONE DELLA FESTA DELLA LAVANDA organizzata appunto dall’azienda Stoffi. Accanto al magnifico lavandeto, dove era possibile raccogliere personalmente le spighe, erano presenti artigiani che hanno presentato i loro prodotti, tutti ispirati al profumatissimo fiore.











La lavanda, se è considerata come una spezia, può aromatizzare qualsiasi prodotto, quindi se s’inserisce in un’antica ricetta di una blanche…ecco nascere Eva, la prima BIRRA ALLA LAVANDA
Questa birra è il risultato di un’attenta e testarda ricerca da parte di Emanuele: la sua passione per la birra e per la lavanda l’ha spinto a cercare un mastro birraio della zona (che utilizza, fra l’altro solo orzo e grano da lui coltivato) che credesse in questo progetto.
E’ una birra artigianale cruda, non filtrata quindi trovare un lieve sedimento nel fondo della bottiglia è più che normale. Il colore è giallo paglierino chiaro, la schiuma è persistente, ovviamente il primo sentore al naso è quello del fiore. In bocca è morbida, molto fresca e piacevolmente secca. Da bere, ovviamente, fresca.





Birra alla lavanda

L’azienda Stoffi è anche un agriturismo e fra i suoi piatti c’è una profumata FARAONA ALLA LAVANDA : ecco la ricetta presa dal sito dell’azienda.






1 faraona ruspante (dell'Agricola Stoffi!)
1 cucchiaio di burro
1 cucchiaio d’olio d’oliva
8 scalogni dolci
2 cucchiai di farina
1 bicchiere di vino rosso
1 tazza di brodo di pollo
sale, pepe nero
2 cucchiaini di timo
2 cucchiaini di fiori di lavanda
1 arancia
Per la decorazione:
4 cucchiaini di fiori di lavanda
12 spighe di lavanda

Saltare la Faraona privata del suo grasso nell’olio e burro. Fare rinvenire lo scalogno nel grasso di Faraona. 
Aggiungere poi lo scalogno alla Faraona in cottura.
Unire alla farina il vino ed il brodo come per fare la besciamella, salare, pepare e versare sulla faraona, unite i fiori di lavanda e il timo. Cucinare lentamente. 
Mettere immediatamente in un piatto cospargendo leggermente di fiori di lavanda 
circondando la Faraona con bucce d’arancia.





Il profumo della lavanda non poteva non coinvolgere i dolci, ed ecco quindi dei deliziosi biscotti alla lavanda: questa è una ricetta inglese e mi riesce sempre bene.
SHORTBREAD ALLA LAVANDA
Ingredienti ½ tazza di zucchero a velo, 2 cucchiaini da te di fiori di lavanda secchi, buccia di limone, 1 tazza di burro a temperatura ambiente, 2 tazze ¼ di farina, ¼ di cucchiaino da te di sale.
In un robot da cucina mettere lo zucchero, i fiori di lavanda e la buccia di limone grattata. Unire il burro e azionare il robot fino ad ottenere una crema soffice. Unire la farina setacciata ed il sale. Mescolare ancora fino ad amalgamare bene tutti gli ingredienti. Prendere un foglio di carta forno leggermente unto di burro. Formare con l’impasto una sorta di salsicciotto, arrotolarlo con la carta da forno e far riposare in frigorifero per almeno 4 ore, meglio tutta la notte. Scaldare il forno a 190°C. tagliare il salsicciotto freddo in fette spesse mezzo centimetro. Se volete potete far rotolare le fette nello zucchero semolato. Cuocete per 13-15 minuti. Togliere i biscotti dal forno e farli raffreddare completamente prima di servirli.





Shortbread alla lavanda





Un’altra golosità al profumo di lavanda è il GELATO CON MIELE E GIN Con questa ricetta non serve la gelatiera.
Gli ingredienti per 4 persone sono 100 g di zucchero, 2 tuorli, 2 cucchiai di miele di di lavanda ( o di acacia) ,1 cucchiaio di fiori di lavanda essiccati, 1 cucchiaino di fiori di lavanda freschi,1 cucchiaio di gin, 2,5 dl di panna, 2,5 dl di latte,sale.
Mettete a raffreddare nel freezer una vaschetta di acciaio con coperchio. Raccogliete in una casseruola il latte, la panna, il miele, i fiori di lavanda essiccati e portate a ebollizione. Spegnete la fiamma, coprire e lasciate riposare per 20 minuti. Filtrate la preparazione e lasciate raffreddare. Lavorate i tuorli con lo zucchero e una presa di sale sino a ottenere un composto cremoso color paglierino, poi versatevi lentamente il composto di latte e panna, unite il gin e mescolate. Versate il composto nel recipiente di acciaio ben freddo senza riempirlo completamente, coprire nuovamente e mettetelo nel freezer e lasciatelo per circa 1 ora. Togliete la vaschetta dal freezer , mescolate energicamente il gelato, quindi rimetterlo nel freezer e lasciatelo rassodare per un'altra ora.
Ripetete la stessa operazione: il gelato sarà pronto dopo circa 4 ore di freezer.
Distribuite il gelato a palline in ciotole o coppette, completatelo cospargendolo con i fiori di lavanda freschi e servite subito






Gelato miele gin e lavanda




…. una pianta dalle tante risorse. Un motivo in più per averne una sul terrazzo!

































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